“Ho un debole per i giubbotti in pelle vintage racing, così ho deciso, insieme a Bruno Hollywood e Pj, di andare a visitare il laboratorio della Stewart, a Firenze.
Produce capi bellissimi con il contagocce e si capisce perchè... mi trovavo lì solo per ca**eggiare e invece si è trasformata in un’esperienza molto istruttiva.
A giudicare dal marchio e dai modelli, mi aspettavo di incontrare tipini come Domenico Dolce e Stefano Gabbana ( con tutto il rispetto), in un bella villa elegante… invece mi sono trovato di fronte a persone all’apparenza semplici, discretamente entusiaste, come mi è capitato di ascoltare solo in alcuni racconti leggendari ma che non avevo mai avuto prove della loro esistenza.
Ho conosciuto imprenditori che hanno fatto della loro vita un’arte. Ho capito il trucco: la bellezza che riscontro nei loro giubbotti non sta nel gusto estetico fine a se stesso (anche quello rispettabile, per carità!) ma nell uso di materiali e lavorazioni originali, coerente con l’epoca che vogliono riprodurre. Fodere che venivano tessute su telai dell’800, sia nel disegno che nel colore.
Scaldano il grasso in un tegamino (non indusriale, come m’immaginavo ma proprio quello da cucina, con il manico lungo, scaldato da un ferro da stiro capovolto) che Carlo mi ha invitato ad annusare. Ed io ho obbedito: grasso animale solidificato
in un bidone di plastica, che usano per trattare il pellame, un odore che in altre occasioni mi avrebbe fatto rivoltare lo stomaco ma che in quel contesto, profumava.
Mauro ci ha fatto visitare “l’archivio”, come lo chiamno loro, un capannone con capi di vestiario immenso, dalla divisa di ussaro, alla mantellina castomizzata di Gabriele D’Annunzio, dal giubotto di Fonzie, alla divisa di un prigioniero ebreo con la
stella colorata che lo distingueva come omosessuale e che faceva da contrasto con l’impermeabile in pelle di un ufficiale delle SS con l’etichetta che avvisava l’eventuale ignaro, che avrebbe scontato 4 anni di galera solo per averlo indossato.
Questa scoperta mi ha fatto rivedere il concetto di eccellenza aziendale: non è certificata da bollini stampigliati ed esibiti sui documenti contabili come fossero medaglie al valore, con marchi esoterici quali UNI, EN, ISO 9000 e rotti ma è qualcosa
di più impalpabile.
Quando acquistate dei giubbotti Stewart non comprate solo un oggetto ma comprate tutto questo lavoro inestimabile, fatto di processi artigianali, di ricerca minuziosa fino all’ossessione e di pura passione individuale.
Ho conosciuto persone che trasformano, con la loro passione, gli oggetti in capolavori. Sono stato fortunato.
Ho fissato un appuntamento per prendere le misura di un giubbotto aderente, in culatta di cavallo, duro come il legno, perchè quando ancora non esistevano le protezioni, l’unico modo per proteggersi dalle cadute era un cuoio quanto più duro possibile.
Tutto questo lo trovate scritto anche sul loro sito, io vi ho voluto raccontare solo le mie impressioni.”
Brano scritto e gentilmente concesso da Cosimo, pubblicato sul sito webchapter.it.
foto mensmentore.it
Giancarlo says
Ho anch’io un giubbotto Stewart e a dir poco stupendo era una vita che lo cercavo non so che modello sia l’ho trovato su una bancarella.
Mi piacerebbe molto sapere che modello sia
Pistolpocket.it says
Ciao Giancarlo, potresti provare a mandare una email con una foto del giubbotto proprio a Stewart.it.